MedeAssolo
BAM Teatro
medeAssolo
da Lucio Anneo Seneca
tradotto e adattato da Paolo Magelli
scene Lorenzo Banci
musiche Arturo Annecchino
“il teatro non è tra noi per sostenere la realtà, ma per rendercela insopportabile”
Heiner Müller
“La cosa bella dei ruoli a teatro è trovare all’interno del personaggio una contraddizione, un buco dentro il quale sprofondare improvvisamente.”
Rivivere un personaggio dopo averlo abitato a lungo.
Riscriverlo tolto dall’impianto originario, quello classico della tragedia (per intenderci personaggi, coro), pensato per voce sola che consuma il racconto di una vita di sofferenza, tradimento e male di vivere.
Come in un corpo a corpo, in cui alla fine i colpi si mischiano e fanno lo stesso rumore.
Questa Medea, che nasce dalla traduzione di Seneca, si arricchisce in qualche modo della lezione e della modernità a cui la consacra Heiner Müller e degli innesti mitteleuropei nell’adattamento che ne fa Paolo Magelli, declinando la partitura per voce sola.
Il tradimento e la guerra, la difficoltà a sentirsi parte di qualcosa, di una comunità, di una famiglia e l’orizzonte piatto ed inquietante, senza segni, che sembra spalancarsi inesorabile davanti agli occhi di Medea: sono questi stessi temi a ben pensare la traccia della inquietudine del nostro presente?
Dunque, riproporre Medea, protagonista del Teatro fin dal 431 ac, come se non fossero bastate così tante epoche e tentativi a raccontarla, portarla oggi sulla scena ha più significato che mai.
Medea è un personaggio che insegue e fa interrogare perché -pure in un vuoto ed una disperazione desolante- prova ad essere se stessa, a infrangersi contro la sua autenticità e a dispetto di tutto, a viversi, seppure nel dolore.
Rilancia con la sua identità di “barbara della Colchide” il concetto di straniero e la sua inclusione, professa l’amore eppure raggiunge l’abisso del gesto amoroso.
Percorre tutto Medea, cerca continuamente una strada, compensa a suo modo, come può, si lascia vivere sapendo in fondo che la lotta è essa stessa vita.
Il perimetro familiare diventa platea delle guerre e delle esplosioni dei rapporti umani: chi non ci ha pensato mai, almeno una volta?