Processo a Shylock
Aida Studio
Processo a Shylock
liberamente ispirato a “Il Mercante di Venezia” di William Shakespeare
con Francesco Montanari – voce recitante
e con Nico Gori – clarinetto
e Massimo Moriconi – basso elettrico
musiche a cura di Nico Gori
testo a cura di Tommaso Mattei
produzione Aida Studio
ideazione di Elena Marazzita
Scontro etico, sociale e culturale. Conflitto fra amicizia e amore. Potere del denaro. Lealtà e giustizia. Una libbra di carne umana è l’immagine che segna la vicenda e disegna un ponte tra la carne e il suo simbolo, l’oro.
Quando si traffica col denaro si dimentica che si sta toccando la carne degli uomini, i loro corpi e i loro destini. Anche amori, affetti, passioni in questa storia si traducono in denaro, in oro, in gioielli.
Un testo difficile e misterioso che costringe a un’avventura sincera e senza possibilità di fuga e ci mette di fronte alla complessa contraddittorietà dell’umano, alla sua incapacità di costruire un mondo adeguato ai suoi struggenti desideri.
II mondo concreto di Venezia si contrappone al mondo mitico di Belmonte, ma i problemi degli uomini a delle donne che li abitano sono gli stessi: la malinconia d’amore, il valore del denaro che non basta a riempire la vita, il dilemma della scelta del proprio destino, la ricerca disperante di un equilibrio impossibile e di un’indefinibile felicità. Tutti – giovani innamorati e nobili gaudenti, mercanti cristiani e usurai ebrei, belle ereditiere e servi deformi – si preoccupano della propria sopravvivenza e della propria felicità, difendendo con feroce determinazione il proprio ideale di vita come l’unico possibile, calpestando la tolleranza e confidando ciecamente nel potere del denaro.
Shakespeare ci regala un formidabile affresco della natura umana e il mondo che ci sembra così equilibrato, chiaramente diviso in buoni a malvagi, colpevoli e innocenti, eletti e reietti, mostra le sue crepe e si rivela fragile, precario e relativo.
È chiaro perché Shakespeare apra la sua opera con la meravigliosa battuta di Antonio “…questa malinconia mi confonde… e non so più chi sono”: allora come oggi, ci sfugge la radice più profonda della felicità, distratti come siamo a preoccuparci di una sopravvivenza che vorremmo eterna, e ci troviamo a combattere con gli inferni di guerra, sopraffazione e vuoto che noi stessi abbiamo creato. Solo rinunciando alla tentazione di fermare la vita con l’acquisizione di labili certezze, si riesce ad abbracciare il senso profondo dell’opera: una grande tenerezza per la feroce ma anche disarmata lotta per l’esistenza che accomuna tutti – al di là di ogni razza, censo o dote di natura – e dunque la profonda necessità della tolleranza e del rispetto reciproci che tutti i personaggi della vicenda sembrano ostinatamente voler rifiutare.