Voci

Ogni isola ha il suo labirinto

II Studio

di e con Rossella Dassu
sonorizzazione Marianna Murgia

organizzazione Maurizio Sangirardi

produzione Associazione Culturale Ca’ Rossa

Voci è un esperimento, un tentativo di raccontare il mito di Arianna e di Teseo da un punto di vista femminile, andando alla ricerca del paradigma dell’isolamento e della diversità, racchiuso dentro il labirinto. Nascere e crescere in un’isola significa fare i conti con confini resi più netti da una distesa d’acqua che separa, producendo la paura ma anche il desiderio dello sconosciuto.

Ho cercato di restituire ad Arianna la dignità perduta quando, affiancandola a Teseo, gli antichi greci l’hanno resa un’eroina tragica da romanzo d’appendice, destinata ad essere abbandonata in un’isola deserta dall’uomo per cui ha tradito la sua famiglia e la sua terra.

Il mitologema labirintico ha origini molto più antiche della cultura ellenica e nasce dal bisogno di raffigurare la complessità del pensiero umano, quel dedalo che si deve necessariamente attraversare per raggiungere la conoscenza di se stessi e di se stesse.

Due tavolette in Lineare A, rinvenute a Creta, riportano la scritta: A tutti gli dei un vaso di miele. Alla Signora del labirinto un vaso di miele. Secondo il filologo Károly Kerényi, quella Signora altri non era che Arianna, divinità custode del culto della vita e della morte che, attraverso i passi di una danza, accompagnava gli iniziati nel cuore del labirinto, dove avrebbero incontrato il Minotauro, l’alter ego oscuro di ogni essere umano.

Il Minotauro, inteso come mostro antropofago, nasce successivamente dal bisogno degli ateniesi di legittimare la loro supremazia su Creta, rappresentandola come una società incivile.

Eppure quando nel 1900 l’archeologo Arthur Evans ha riportato alla luce ciò che restava dell’antico palazzo di Cnosso, ne è emersa una civiltà raffinatissima, in cui la donna ricopriva un ruolo centrale, tanto che la mancanza di mura difensive farebbe supporre un governo di stampo matriarcale e pacifista.

Forse il mito di Arianna e di Teseo non è che la trasposizione allegorica del passaggio storico dal matriarcato al patriarcato e Arianna, abbandonata nell’isola di Nasso, il simbolo della condizione subalterna della donna.

Per questo ho voluto dare un’altra voce a quest’eroina con cui mi confondo, in un gioco mito biografico fatto di specchi che da isola rimandano ad isola ma dove il labirinto resta sempre uguale e solo entrandoci ci si può riappropriare di un destino fabbricato con le proprie mani.

Perché per liberarsi da quel ruolo subalterno occorre riscrivere la storia. Il racconto si sviluppa in forma di visione come se la voce recitante fosse l’occhio di una telecamera che riprende Arianna ancora bambina, per seguirla, passo dopo passo, fino all’isola di Nasso.

In un dialogo continuo con un paesaggio sonoro fatto di evocazioni che richiamano sia le scritture musicali classiche su Arianna che le tradizioni insulari, la narrazione ci accompagna dentro quel labirinto all’interno del quale l’eroina incontrerà se stessa.

Rossella Dassu

durata 60 minuti